In diesem Sinne wird er im Mittelpunkt unserer Diskussionen und Gedanken bleiben, gestern als Lebender ebenso wie heute als Toter. Es ist eine Präsenz, die von uns weder oberflächliche Zustimmung noch formelle Ehrungen verlangt; diese kämen einer Verleugnung, einer Verharmlosung der extremen Strenge seiner Lehre gleich. Die „Linie des Che” verlangt viel von den Menschen; sie verlangt viel sowohl als Kampfmethode als auch als Perspektive für die Gesellschaft, die aus dem Kampf hervorgehen muss. Angesichts dieser Konsequenz und dieses Mutes, einen Gedanken und ein Leben bis zu seinen letzten Konsequenzen zu führen, sollten wir uns vor allem bescheiden und aufrichtig zeigen, uns bewusst, was die „Linie des Che” bedeutet – eine radikale Veränderung nicht nur der Gesellschaft, sondern der „menschlichen Natur”, angefangen bei uns selbst – und uns darüber im Klaren, was uns davon trennt, sie in die Praxis umzusetzen.
Die Diskussion Guevaras mit allen, die sich ihm näherten, die lange Diskussion, die in seinem kurzen Leben (Diskussion-Aktion, Diskussion, ohne jemals das Gewehr aus der Hand zu legen) nicht durch den Tod unterbrochen wurde, wird sich weiter ausbreiten. Selbst für einen zufälligen und unbekannten Gesprächspartner (wie ich es in einer Gruppe von Eingeladenen an einem Nachmittag im Jahr 1964 in seinem Büro im Industrieministerium sein konnte) konnte diese Begegnung kein Randereignis bleiben.
Die Diskussionen, die zählen, sind diejenigen, die dann still weitergehen, in den Gedanken. In meinem Kopf ist die Diskussion mit Che all die Jahre weitergegangen, und je mehr Zeit verging, desto mehr Recht hatte er.
Auch jetzt, da er im Kampf gestorben ist, der nicht aufhören wird, hat er weiterhin Recht.
*Che Guevara wurde am 9. Oktober 1967, vor fünfzig Jahren, in Bolivien getötet. Calvino schrieb diesen Text wenige Tage später, am 15. Oktober in Paris, wo er seit einigen Monaten lebte, an seinem 44. Geburtstag. Er wurde im Januar 1968 in spanischer Sprache in der kubanischen Zeitschrift Casa de las Americas (in einer Sonderausgabe, die dem „Che” gewidmet war) veröffentlicht. Der italienische Originaltext wurde dreißig Jahre später, 1998, in der ersten Ausgabe der Zeitschrift Che der italienischen Ernesto-Guevara-Stiftung veröffentlicht.
15. Oktober 1967
Original
Qualsiasi cosa io cerchi di scrivere per esprimere la mia ammirazione per Ernesto Che Guevara, per come visse e per come morì, mi pare fuori tono.
Sento la sua risata che mi risponde, piena d’ironia e di commiserazione. Io sono qui, seduto nel mio studio, tra i miei libri, nella finta pace e finta prosperità dell’Europa, dedico un breve intervallo del mio lavoro a scrivere, senza alcun rischio, d’un uomo che ha voluto assumersi tutti i rischi, che non ha accettato la finzione d’una pace provvisoria, un uomo che chiedeva a sè e agli altri il massimo spirito di sacrificio, convinto che ogni risparmio di sacrifici oggi si pagherà domani con una somma di sacrifici ancor maggiori.
Guevara è per noi questo richiamo alla gravità assoluta di tutto ciò che riguarda la rivoluzione e l’avvenire del mondo, questa critica radicale a ogni gesto che serva soltanto a mettere a posto le nostre coscienze.
In questo senso egli resterà al centro delle nostre discussioni e dei nostri pensieri, così ieri da vivo come oggi da morto. E’ una presenza che non chiede a noi né consensi superficiali né atti di omaggio formali; essi equivarrebbero a misconoscere, a minimizzare l’estremo rigore della sua lezione. La “linea del Che” esige molto dagli uomini; esige molto sia come metodo di lotta sia come prospettiva della società che deve nascere dalla lotta. Di fronte a tanta coerenza e coraggio nel portare alle ultime conseguenze un pensiero e una vita, mostriamoci innanzitutto modesti e sinceri, coscienti di quello che la “linea del Che” vuol dire – una trasformazione radicale non solo della società ma della “natura umana”, a cominciare da noi stessi – e coscienti di che cosa ci separa dal metterla in pratica.
La discussione di Guevara con tutti quelli che lo avvicinarono, la lunga discussione che per la sua non lunga vita (discussione-azione, discussione senza abbandonare mai il fucile), non sarà interrotta dalla morte, continuerà ad allargarsi. Anche per un interlocutore occasionale e sconosciuto (come potevo esser io, in un gruppo d’invitati, un pomeriggio del 1964, nel suo ufficio del Ministero dell’Industria) il suo incontro non poteva restare un episodio marginale.
Le discussioni che contano sono quelle che continuano poi silenziosamente, nel pensiero. Nella mia mente la discussione col Che è continuata per tutti questi anni, e più il tempo passava più lui aveva ragione.
Anche adesso, morendo nel mettere in moto una lotta che non si fermerà, egli continua ad avere sempre ragione.
*Che Guevara venne ucciso in Bolivia il 9 ottobre 1967, cinquant’anni fa. Calvino scrisse questo testo pochi giorni dopo, il 15 ottobre a Parigi, dove abitava da alcuni mesi, nel giorno del suo 44° compleanno. È stato pubblicato in spagnolo nel gennaio 1968 sulla rivista cubana Casa de las Americas (in un numero speciale dedicato al “Che”). Il testo originale italiano è stato pubblicato in Italia trent’anni dopo, nel 1998, sul numero uno della rivista Che della Fondazione italiana Ernesto Guevara”.
15 ottobre 1967
associazione nazionale di amicizia Italia Cuba